Appena 19enne all’epoca, Eva Mikula è una figura enigmatica coinvolta in una terribile storia criminale: quella della Banda della Uno Bianca.
La Banda della Uno Bianca è stata responsabile di numerosi assalti, omicidi e ferimenti tra il 1987 e il 1994, operando principalmente in Emilia Romagna e nelle Marche: sei erano i suoi componenti, uno solo di loro non era un poliziotto. A diversi livelli, tutte e sei le persone coinvolte sono state accusate di fatti gravissimi e in particolare di aver ucciso e ferito, con oltre 100 episodi criminali che li hanno visti coinvolti.
Nella storia della Banda della Uno Bianca, Eva Mikula, all’epoca dei fatti solo 19enne, ci entra perché è ex compagna del capo Fabio Savi, uno dei tre fratelli che facevano parte dell’organizzazione, l’unico che non faceva parte della Polizia di Stato. I fratelli Savi sono considerati i principali esponenti del gruppo criminale, in particolare proprio Fabio e Roberto, gli unici a non aver mai ottenuto alcuno sconto di pena.
La verità di Eva Mikula sui fatti della Banda della Uno Bianca
La storia della banda ha avuto un impatto significativo nella cultura dell’epoca, con tentativi di dare una connotazione politica all’organizzazione: un contributo a ricostruire la vicenda criminale è arrivato negli anni proprio da Eva Mikula, che in più occasioni è stata addirittura accusata di essere legata ai servizi segreti o di avere una doppia vita, e che si è raccontata in un libro autobiografico.
Contestualmente al libro, la donna ha rilasciato diverse interviste, anche molto lunghe, in cui ha voluto dare la propria versione dei fatti rispetto sia a quanto accaduto, sia a ciò che puntualmente le viene contestato. Oggi diventata una donna, Eva Mikula è stata la testimone chiave per smantellare l’organizzazione criminale, ma nel suo racconto affronta anche le verità non dette di quella vicenda giudiziaria.
La donna ha spiegato tra le altre cose che uno dei passaggi più difficili è stato proprio quello di scoprire e denunciare Fabio Savi per quello che trent’anni fa aveva scoperto sul suo conto. Ma Eva Mikula, in più di un’occasione, anche recentemente, ha spiegato che a suo avviso molti tasselli mancano in questa vicenda e diverse responsabilità sarebbero state coperte.
In particolare, si è unita all’appello per la riapertura delle indagini lanciato dal fratello di una delle vittime e ha sottolineato la necessità di fare luce su dettagli rimasti oscuri. “Oggi dopo 30 anni ho avuto la conferma che qualcuno ha molto ancora sulla coscienza”, ha detto nei mesi scorsi all’Adnkronos, mentre altre volte ha evidenziato di sentirsi abbandonata e non protetta, lasciando intendere di avere paura.