Lo storico e scrittore Alessandro Barbero ospite a diMartedì è intervenuto sul tema dell’antifascismo e del 25 Aprile, raccontando la storia della sua famiglia.
Nella puntata di diMartedì andata in onda su La7 il 23 aprile, Giovanni Floris ha inevitabilmente trattato il tempo dell’antifascismo, primo perché si è alla vigilia di quello che il 79esimo anniversario della Liberazione dal nazi-fascismo e secondo perché anche quest’anno il 25 Aprile è accompagnato da una scia di polemiche partite la settimana scorsa con la censura a opera dei vertici Rai sul monologo dello scrittore Antonio Scurati che sarebbe dovuto essere ospite di Serena Bortone a Che sarà e leggere il monologo in cui avrebbe ricordato Matteotti e celebrato la Liberazione.
Quanto accaduto su Rai3 è fonte di discussione, su tutti i canali, ormai da giorni ed è diventato un veri groviglio politico per il Governo di Giorgia Meloni tant’è l’ormai caso Scurati finirà in audizione alla Camera.
Per commentare quanto accaduto e la reticenza dei principali esponenti di governo, e non solo, a definirsi antifascisti Floris ha ospitato, tra gli altri, lo storico e scrittore Alessandro Barbero che ha avuto modo di raccontare una vicenda personale legata a quel periodo storico.
Barbero: “I miei nonni erano fascisti, la memoria non basta: serve la storia”
“Può essere difficile dirsi antifascisti professore?” chiede Floris stuzzicando il suo ospite in studio con Barbero che risponde, molto seccamente: “Dipende da dove si è cresciuti. In quale famiglia, in quale pezzo d’Italia. Perché c’è un pezzo d’Italia dove ormai da 3 generazioni ai bambini si insegna che il Regime ha fatto anche cose buone e che invece i partigiani erano degli scavezzacollo o peggio dei criminali e che quindi non c’è nessun motivo di festeggiare il 25 Aprile“.
Una sorta di “giustificazione” per lo storico che altrimenti ammette come non sia possibile quasi un secolo dopo sia così difficile ammettere che ci fosse una parte giusta e una parte sbagliata. E il punto, spiega poi incalzato dal presentatore, è che “Se siamo ancora oggi spaccati tra chi è stato nei partigiani e chi è stato nei fascisti, vuol dire che queste cose non sono cose radicate profondamente nell’identità italiana. E che quindi chi sta al Governo fa così fatica a dirsi antifascista, il che vuol dire che sei fascista, perché o l’uno o l’altro.”
I nonni fucilati dai partigiani e la necessità di riconoscere l’importanza della storia
E per sottolineare l’importanza della memoria storica per non ripetere gli errori del passato, e di quella famosa spaccatura che non cessa di esistere, sull’insistenza della “cattiveria” della guerra partigiana Barbero racconta poi della sua storia familiare: “I miei nonni erano fascisti, uno è stato fucilato dai partigiani, ma la memoria non basta -sottolinea Barbero- perché ognuno ha la sua e bisogna arrivare alla storia, il che significa: Io capisco il tuto punto di vista ma non si può rimanere chiusi in questa cosa“.