Grazie ai progressi delle neuroscienze, il cervelletto e le sue funzioni non sono più un mistero: ecco cosa è stato scoperto
Il cervelletto contiene ¾ di tutti i neuroni del cervello e sorprendentemente, la sua struttura cellulare così come le sue funzioni sono diverse da qualsiasi altra parte del cervello. I neuroni sono organizzati con collegamenti simili a circuiti stampati in una disposizione quasi cristallina, in contrasto con il groviglio di cellule cerebrali altrove.
La funzione del cervelletto è quella di controllare il movimento del corpo. Non c’è dubbio che abbia questo compito, ma nuove ricerche stanno rivelando che fa molto di più. Di seguito, vediamo cosa hanno scoperto gli scienziati.
Da sempre ci hanno insegnato che le funzioni primarie del cervelletto sono controllare i movimenti del corpo, ma ora gli scienziati sospettano che questa visione sia incompleta. La connessione tra cervelletto e movimento è nota fin dal 19° secolo. Fu notato che i pazienti che avevano subito un trauma avevano evidenti difficoltà con l’equilibrio. Dunque, non c’erano dubbi sul fatto che fosse fondamentale per la coordinazione.
Nel corso dei decenni, i neuroscienziati hanno dettagliatamente descritto come i circuiti neurali del cervelletto controllino la funzione motoria. Decenni fa, quando i neuroanatomisti mapparono il cervello, non riuscirono a trovare alcuna connessione diretta tra il cervelletto e le regioni cerebrali che controllano le emozioni e la cognizione, come il sistema limbico e la corteccia prefrontale.
Ciò li ha portati a credere che il cervelletto fosse in qualche modo isolato e non coinvolto in queste funzioni cognitive superiori. Tuttavia nuovi e rivoluzionari studi dimostrano che oltre a controllare il movimento, il cervelletto regola comportamenti sociali ed emotivi complessi. Jessica Verpeut dell’Arizona State University ha riportato dati che descrivono l’intricata ed estesa rete di connessioni che si attivano in tutto il cervello nei topi quando socializzano.
Yi-Mei Yang dell’Università del Minnesota ha dimostrato che quando interrompeva alcuni neuroni celebrali, i topi perdevano interesse nell’interagire con i loro simili non familiari introdotti nella loro gabbia. Tuttavia, non hanno avuto difficoltà a interagire e a ricordare nuovi oggetti inanimati. Ciò indicava un deficit nella complessa memoria di riconoscimento sociale, simile a ciò che sperimentano le persone autistiche.
Infatti, il cervelletto è spesso più piccolo nelle persone autistiche. Aleksandra Badura dell’Erasmus University Medical Center di Rotterdam ha presentato nuovi studi che suggeriscono che il cervelletto è coinvolto nell’autismo. Questo perché è un centro di input sensoriali, soprattutto per i segnali legati ai contesti sociali. Questa nuova ricerca va oltre gli studi sui topi ed è efficace nel dimostrare che questa parte del cervello non sia legata al solo movimento.
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