Brutte notizie per i lavoratori sul fronte delle pensioni. Con la legge Fornero ancora in vigore, ci saranno novità tutt’altro che positive.
Da più di 10 anni l’universo previdenziale in Italia è regolato dalla legge Fornero. Nonostante le intenzioni ci siano, ad oggi non è ancora stato possibile cancellarla. Potrebbero cambiare ancora diverse cose ma in peggio.
Come tutti ben sappiamo, il mondo della previdenza sociale in Italia, da ormai più 10 anni, è regolato dalla legge Fornero che prende il nome dalla sua prima firmataria: l’ex ministro del Lavoro del Governo di Mario Monti. Stando a quanto stabilito dalla legge Fornero, per poter accedere alla pensione di vecchiaia ordinaria è necessario avere 67 anni di età e avere maturato non meno di 20 anni di contributi.
Chi non raggiunge la soglia minima dei contributi, deve continuare a lavorare. In alcuni casi anche fino a oltre 70 anni. Non solo, la legge Fornero prevede anche un terzo requisito poco conosciuto. Per poter andare in pensione a 67 anni di età e con 20 anni di contributi è necessario avere maturato un assegno previdenziale pari almeno all’importo dell’Assegno sociale. Ad oggi la legge Fornero non è stata cancellata per mancanza di risorse. La situazione potrebbe ulteriormente peggiorare.
Speravamo tutti – o quasi- di dire addio alla legge Fornero. Invece, la mancanza di risorse finanziarie e il pesante crollo delle nascite, per il momento rendono impossibile abolirla e agevolare le uscite anticipate dal lavoro. Prossimamente ci saranno alcune novità ma non saranno affatto positive.
La legge Fornero ci terrà compagnia ancora per un bel po’ probabilmente. Il Governo di Giorgia Meloni non l’ha abolita ma un piccolo miglioramento, tuttavia, è stato apportato. Fino al 2023 per accedere alla pensione di vecchiaia a 67 anni era necessario avere 20 anni di contributi e aver maturato un assegno previdenziale pari almeno a 1,5 volte l’importo dell’Assegno sociale.
Il Governo ha modificato quest’ultimo requisito: da quest’anno è sufficiente raggiungere lo stesso importo dell’Assegno sociale per poter andare in pensione. È peggiorata, invece, la pensione anticipata contributiva. Fino al 2023, i lavoratori che avevano iniziato a versare i contributi dal 1996 in avanti, potevano andare in pensione a soli 64 anni con 20 anni di contributi purché il loro assegno mensile fosse pari o superiore a 2,8 volte l’importo dell’Assegno sociale.
Da quest’anno non è più così: la soglia minima da raggiungere è 3 volte l’importo dell’Assegno sociale per gli uomini e per le donne senza figli; 2,8 volte l’importo dell’Assegno sociale per le donne con un solo figlio e 2,6 volte l’importo dell’Assegno sociale per le madri di due o più figli.
La cosa peggiore però è che, dal 2027, l’età pensionabile aumenterà ancora seppur solo di qualche mese e, probabilmente, verrà aumentato anche il requisito contributivo minimo necessario per poter smettere di lavorare. Non solo non basterà più avere 67 – o 64 – anni di età ma non saranno più sufficienti nemmeno 20 anni di contributi.
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